Nell’approccio diagnostico al paziente neoplastico, la ricerca di cellule metastatiche nei linfonodi drenanti la neoplasia è un passo fondamentale per una corretta stadiazione, utile a sua volta per ottimizzare la terapia ed emettere una prognosi. L’esame citologico è un strumento di indagine ottimale per questo scopo, data la ridotta invasività e la maggior velocità di esecuzione e processazione del campione. Ma qual è la sensibilità e la specificità dell’esame citologico nell’identificare le cellule metastatiche nei linfonodi? Qual è il significato dei campioni non diagnostici? Che importanza ha campionare più di un linfonodo durante il processo di stadiazione? Un recente studio dei colleghi dell’università di Edimburgo (Fournier et al. Veterinary Clinical Pathology 2018;47:489-500) ha cercato di dare risposta a queste domande, prendendo come oggetto di studio i tumori solidi del cane. Su un campione retrospettivo di 187 soggetti (di cui 32% con metastasi linfonodale), la sensibilità e la specificità dell’esame citologico, utilizzando come gold standard l’istopatologia, sono risultati essere rispettivamente 81% e 91%. Le false positività e negatività dell’esame citologico non sembrano dipendere né dalla dimensione del linfonodo campionato, né dal tempo intercorso tra il campionamento citologico e quello istopatologico (intervallo di tempo comunque non superiore a un mese). Gli autori hanno quindi suddiviso ed analizzato i casi secondo diverse categorie di neoplasia: per i carcinomi la sensibilità è stata massima (100%), dimostrando che l’esame citologico raramente è causa di falsi negativi in questo tipo di neoplasie. Melanomi e mastocitomi hanno mostrato invece un numero maggiore di falsi negativi (sensibilità rispettivamente di 63% e 75%). Secondo gli autori, ciò è spiegato dalla difficoltà del patologo nel differenziare, nelle prime fasi dell’invasione metastatica, le cellule neoplastiche dalle cellule presenti fisiologicamente nel linfonodo. In particolare, per i melanomi, è spesso problematico distinguere i normali melanofagi (macrofagi contenenti melanina) dai melanociti neoplastici; analogamente, i mastociti normalmente e occasionalmente presenti nei linfonodi sono indistinguibili dalla maggior parte dei mastociti neoplastici.
La raccolta di un campione non diagnostico (25% dei casi esaminati) è risultato essere associata, prevedibilmente, a linfonodi non aumentati o lievemente aumentati di volume. Ciò è particolarmente vero per i linfonodi sottolombari, di per se difficili da campionare. E' importante sottolineare come la prevalenza di metastasi in caso di linfonodi di normali dimensioni può arrivare fino al 40% in alcune neoplasie (ad esempio nel melanoma): è quindi consigliabile eseguire comunque l’exeresi chirurgica e l’esame istopatologico in questi casi, e non basarsi solo sull’esame citologico che ha più probabilità di condurre a risultati falsamente negativi o inconclusivi.
È stato inoltre visto che il 24% dei cani esaminati presentava metastasi in più di un linfonodo al momento della diagnosi. Ciò è stato descritto soprattutto per le neoplasie che colpiscono cranio, regione cervicale, perineo e scroto: in questi casi è frequente la presenza di cellule metastatiche anche nel linfonodo controlaterale alla sede delle neoplasia. In base questi risultati gli autori suggeriscono quindi di non limitarsi a campionare un singolo linfonodo durante il processo di stadiazione, ma di ampliare l’area di indagine.
Marco Giraldi, Ugo Bonfanti & Walter Bertazzolo